Riflessioni e previsioni

In terreno caldo, dopo le stesure, i ravvedimenti, i ripensamenti, si chiude così una prima fase di lavoro autonomo di scrittura. Anche se i giochi con se stessi e il proprio lavoro saranno perennemente aperti e cambieranno, muteranno, si rinvigoranno o si affloscieranno, in base a tutto quello che accadrà in seguito. Con questo lavoro ho un rapporto particolare, fatto di confidenza e di sospetto, a volte simultanei. A mio favore gioca averne controllato la sonorità e aver affondato la mano nella sua stoffa calda fin dai primi getti, avvertendo che in ogni caso avrebbe rappresentato una fase molto importante per la  mia scrittura, al di là di tutto quello che potrà rappresentare e delle eventuali diramazioni sul suo destino. Nel plot che ho inviato ad Aura Conte, mia editrice e fautrice del progetto indipendente con la casa editrice il Pavone, ho parlato di dirottare verso un uomo la condizione possibile di un luogo. È questo lo sfondo e la base, dal quale si intreccia il narrato. Un vuoto complesso, ma stranamente combattuto tra la fame di deserto e la sete di acqua ghiacciata, ciascuna dentro un solo occhio di vetro. 
Durante le varie operazioni di revisione, ho avvicinato e allontanato il personaggio disabitato dalla mia vita e dalle mie concezioni di vita, osservandolo da varie prospettive e caricandolo all'occorrenza, come un vecchio orologio a pendolo a parete. In alcuni momenti ho provato freddo a seguirne ragionamenti,  pensieri nei minimi dettagli e rintocchi. In altri momenti mi ha riscaldato le mani e il cuore. Eppure di questo strano lavoro, mi rimane addosso il suo profumo, nonostante la sua particolare inclinazione a rimanere in bilico tra diversi contesti e sragionate inguaribili passioni, e non solo letterarie. Dalla musica, dai tempi e dalle luci francesi del cinema, dall'architettura degli alberghi e delle donne oscurate in visi magri e ansiosi, ritratte in un unico flusso cangiante e a volte spettrale e seduttivo.
E poi l'elemento umano. Ho voluto intessere sul vuoto e sulla ricerca di quel vuoto, quello che sentivo e che ancora sento del fattore umano, con tutte le sue contraddizioni, le sue linee d'ombra, le sue spianate, le sue frizioni, i suoi sbarramenti. Il tutto in una cornice molto mobile, dove il pensiero del punto di vista narrante, è dentro i suoi ricordi e i suoi stimoli, come dentro stanze socchiuse dove ogni tanto allungare un braccio o un naso, prima di proseguire nella ricerca. La ricerca di un uomo e di un ragazzo. 
Questo romanzo mi ha affaticato riposandomi. Una sensazione particolare. Credo che mi sia stato molto utile, per rivitalizzare la mia scrittura e sensibilizzarla verso luoghi più profondi e meno comuni. Credo che ogni storia portata a termine, in qualsiasi caso lasci sempre qualcosa di vivo e di febbrile, mai di troppo passato e immutabile. Questo avviene nello scrittore e in alcuni casi potrebbe accadere, come mi auguro, nel lettore.
Per questa piovosa e silenziosa quanto disabitata serata domenicale, è tutto.
l.s,

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